Materiality assessment
- Risposta dal Team
- 17 giu
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Aggiornamento: 27 giu

Riflessioni sulla declinazione del concetto di doppia materialità in ambito di ESG reporting alla luce della direttiva 2022/2464
La Direttiva 2022/2464, meglio nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (o in breve CSRD), configura da una prospettiva strettamente pragmatica della rendicontazione di sostenibilità, una gentile rivoluzione di metodo che plasma ridefinendo alcuni elementi fondanti di questa disciplina.
A tal uopo, inter alia, merita una particolare menzione il concetto di materiality assessment che il lettore ben assocerà al mondo dell’audit, ma che viene declinato, in chiave parzialmente differente, anche in ambito ESG.
La CSRD, infatti, riprendendo gli arcinoti orientamenti della Commissione Europea del 2019 in tema di linee guida sulla rendicontazione non finanziaria, consolida il concetto di doppia materialità o double materiality. Questo tipo di analisi è, orbene, imprescindibile al fine di consentire ad ogni impresa che redige il report ESG di individuare gli elementi rilevanti, rispetto ai destinatari, su cui fornire disclosure. In generale la doppia materialità, su cui si fonda la rendicontazione di sostenibilità medesima, prevede di fornire un’adeguata informativa circa quegli aspetti che risultano significativi in termini di materialità di impatto, finanziaria ovvero di entrambe.
Con riguardo alla prima, meglio nota come impact materiality, si identificano gli impatti di sostenibilità, attuali o potenziali, cagionati dall’azienda nel breve, medio e lungo termine con specifico riguardo, quindi, alle conseguenze dell’attività di impresa su persone e ambiente, secondo una prospettiva outside-in. D’altro canto, la financial materiality pone l’accento sui rischi e sulle opportunità che le variabili ESG possono comportare in termini di performance finanziaria conseguita dall’azienda, in linea con una dimensione inside-out. Tutto ciò premesso, in un immaginario diagramma di Eulero Venn, la doppia materialità rappresenta l’intersezione di queste due componenti, la quale costituisce l’elemento fondativo dell’ESG reporting. A fortiori, infatti, si consideri che l’azienda partendo da questa considerazione e conducendo un’analisi contrastiva rispetto alle indicazioni degli ESRS (cross-cutting e tematici) riesce a definire una entity specific disclosure, andando con dovizia chirurgica, ad individuare eventuali elementi materiali che, ad esempio, il principio contabile di riferimento non copre in maniera adeguata.

In tal senso, tuttavia, occorre rilevare che la CSRD non codifica un modus operandi di riferimento per condurre l’analisi di materialità, sebbene da un’interpretazione teleologica delle linee guida dell’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) sia possibile individuare tre passaggi impreteribili: l’analisi del contesto in cui opera l’azienda e degli stakeholder, l’identificazione dei temi di sostenibilità prospetticamente materiali e la definizione di una elencazione conclusiva dei temi rilevanti stessi.
Per le imprese che intendessero approcciarsi alla valutazione di doppia materialità e che, parimenti, abbiano già un’esperienza nell’ambito della rendicontazione di sostenibilità, si rileva come EFRAG abbia definito la matrice di materialità elaborata dal Global Reporting Initiative (GRI) come un adeguato punto di partenza, cui aggiungere le riflessioni in tema di financial materiality. Si rinnova quindi, anche in siffatta fattispecie, l’importante elemento di interconnessione tra ESRS e l’esperienza di rendicontazione precedente, a testimonianza di come, quello attuale, sia ancora un periodo fortemente evolutivo e potenzialmente migliorativo delle tecniche di ESG reporting.
Dott. Valerio Locatelli
Dott. Alessio Ghidone